Furto alla concessionaria Renault dei fratelli Carusone

 

 

Calvirisortanews  13/01/2007

 

 

E' di 80mila euro il bottino di un furto avvenuto ieri notte nella concessionaria Renault che si trova lungo la statale SS6 Casilina, al km 186.500 nel territorio del comune di Calvi Risorta, di proprietà dei fratelli Carusone.


Poco dopo le 03,00 un gruppo di ladri ha forzato il cancello d’ingresso della concessionaria e ha manomesso il sistema di allarme. Una volta all'interno ha smurato la cassaforte che conteneva le chiavi delle macchine ferme sulla piazzola. In effetti, i ladri hanno scelto solo sei autovetture nuove, lasciando sul piazzale le macchine usate. Le autovetture trafugate venivano caricavano su un bilico, pronte già per il mercato nero.


Quello che è certo che il furto è stato compiuto da veri professionisti, e soprattutto il colpo è stato di certo studiato a tavolino, nei minimi particolari. Sul furto indagano i carabinieri della locale stazione di Calvi Risorta, retta dal maresciallo dell’arma Massimo Petrosino, che dopo la denuncia del concessionario, sono scattate le indagini.

Nelle ore successive i militari hanno fatto diversi controlli sul territorio, ma soprattutto eseguendo posti di controllo. Per il momento nessun risultato in merito alle indagini. Il concessionario dopo aver formalizzato la denunzia di furto, ha esposto come forma di protesta un enorme striscione dove era incisa la seguente frase: "AI SIGNORI LADRI....E CHI LI PROTEGGE... POI CONTINUA DICENDO ANCORA (VERGOGNATEVI).

 


In effetti, se guardiamo un attimo le statistiche, in Italia, l’anno scorso, si sono consumati 182.500 furti d’auto, uno ogni tre secondi circa. Il fenomeno criminale, che tuttavia sta subendo un calo dovuto ai sofisticati sistemi d’allarme è pur sempre un’evenienza frequente e questo induce a tracciare un profilo, dell’appartenente tipo, ad una “professione“, quella del topo d’auto, che non conosce tramonti ma che, anzi, è pur sempre fiorente e particolare. Ma chi è il “topo d’auto“ ? Nel 90/95% dei casi, ad abbracciare questo “lavoro“ è un maschio, quasi sempre giovane.

Fare il topo d’auto è un’attività che implica dispendio d’energia che mal si concilia con la tarda età, motivo questo, per attaccare il grimaldello al chiodo, superati i 45/46 anni. Come tante altre attività, anche gli autori del furto d’auto hanno subito una trasformazione radicale col tempo.


Oggi, chi ruba un’auto, se non fa parte di grandi organizzazioni malavitose esperte nel neutralizzare sofisticati sistemi d’allarme, di ultima generazione, è quasi sempre uno sbandato, spesso tossicodipendente, plurirecidivo, che opera con attrezzi artigianali, vecchi cacciaviti o arnesi spuntati e, per lo più, dopo aver tentato il colpo è costretto a rinunciarvi perché non in grado di neutralizzare, spesso, un modesto antifurto, con i danni che conseguono.

I tempi dell’Arsenio Lupin, ladro gentiluomo, che con astuzia e bravura s’impossessava della vettura che avevamo appena lasciato sotto casa, sono finiti. A compiere il furto d’auto, a quel tempo, non era un ragazzino di borgata, ma un uomo maturo di oltre 35 anni d’età che operava dignitosamente, in genere per mandare avanti la propria famiglia.

Il topo d’auto di una volta, non improvvisava il colpo, ma lo faceva studiando le abitudini del proprietario e, in genere, quando qualcosa andava storta ed era costretto a rinunciarvi, l’auto non subiva danni particolari e costosi.

A rendere più difficile lo scenario attuale, le organizzazioni malavitose che oggi si avvalgono anche di extracomunitarii da adibire quale manovalanza. Un’occasione, anche se deprecabile, per questa gente, di dare un destino diverso alla propria esistenza.


D’altro canto a rubare un’auto si commette un reato che difficilmente prevede una pena lunga da scontare. Il patteggiamento davanti al giudice riesce a far uscire, o a non fare neanche entrare, in galera, gli autori di questi reati, anche se recidivi, perché, caduta l’aggravante del furto su commissione, per merito degli avvocati penalisti che durante il dibattimento in aula adducano diverse motivazioni di tipo sociale umanitario, all’origine del delitto, le attenuanti finiscono per superare di gran lunga le circostanze che avrebbero reso più grave il reato.

Così, spetta al magistrato l’applicazione delle pene che, anche alla luce di una visione moderna della condanna da infliggere, più volta alla rieducazione che alla punizione del reato commesso, emette un verdetto che implica una pena quasi sempre lieve.


Tutto ciò, dovrà far riflettere molto sull’esistenza di una piaga che affligge la moderna società e che si riverbera, negativamente, su coloro che con l’auto ci lavorano e non sempre sono in grado di sopportare il costo del danno subito, quando le stesse assicurazioni a cui si sono rivolte per tutelarsi finiscono per non ripagare il danno o pagarne una piccola parte.


Spesso, vittime di questi reati, sono le stesse persone che non sempre sono in grado di sobbarcarsi i costi di tecnologie moderne contro il furto. Per questo, pur non potendo annoverare questo reato fra quelli odiosi e ributtanti per la collettività, il furto d’auto ricade sulla gente comune e, spesso meno abbiente, creando quelle stesse condizioni di disperazione che, alla larga, sono state, in un’ottica diversa, all’origine del crimine che si vuole perseguire.

In una logica di disagio esistenziale fra ladro e derubato, spesso lo stesso destino, sia pure da angolazioni diverse, unisce le due figure, le une alle altre, vittime inconsapevoli di un degrado ambientale che nelle esasperazioni estreme finisce col cambiare l’ esistenza di quanti ne vengono coinvolti, a qualunque livello sociale si trovino.