di Magdi Allam
Forse i presidi e gli insegnanti che nel nome
del relativismo culturale hanno ritenuto opportuno abolire il presepe,
l’alberello e Babbo Natale nelle scuole italiane, per non urtare una supposta
suscettibilità degli studenti musulmani, non conoscono i versetti del Corano (Sura III 45-46) che recitano: «E quando
gli angeli dissero a Maria: O Maria, Dio t’annunzia la buona novella d’una
Parola che viene da Lui, e il cui nome sarà il Messia, Gesù figlio di Maria,
eminente in questo mondo e nell’altro e uno dei più vicini a Dio. Ed egli parlerà agli uomini dalla culla come un adulto, e
sarà dei Buoni».
Perché
se lo conoscessero saprebbero che l’Islam, al pari del cristianesimo, venera
Gesù e Maria e riconosce il dogma dell’immacolata concezione. Capirebbero che proprio la
gesta del Natale potrebbe rappresentare uno straordinario momento di
condivisione spirituale, di partecipazione religiosa e di intesa umana tra
cristiani e musulmani. E che proprio la scuola, la sede istituzionale e ideale
dove si forgiano la mente e l’animo delle future generazioni, dovrebbero esaltare la festa di Natale rendendolo un passo
saliente verso il traguardo della comune civiltà dell’uomo.
La condivisione
della spiritualità è un dato di fatto tra le tre grandi religioni monoteistiche
rivelate dal momento che credono negli stessi profeti. A Hebron
le tombe di Abramo, Isacco e Giacobbe sono venerate da
ebrei, cristiani e musulmani, anche se vi accedono da due ingressi separati.
Due portoni distinti erano presenti anche nella chiesa di Damasco dove è custodita la reliquia di San Giovanni Battista, venerata
da cristiani e musulmani, prima che si trasformasse interamente nella moschea Omayyade dove nel maggio 2001 papa Wojtyla
entrò per la prima volta raccogliendosi in meditazione affiancato dalle
maggiori autorità islamiche siriane. In Egitto esistono una decina di santuari
mariani, edificati nei luoghi dove si ritiene abbiano
sostato Gesù, Maria e Giuseppe durante la loro fuga dalla Terra santa, e dove
annualmente si recano in pellegrinaggio cristiani e musulmani.
Ebbene anche il
Natale, proprio nella culla del cattolicesimo, potrebbe trasformarsi nella
festa probabilmente più significativa della
condivisione spirituale tra cristiani e musulmani. Ci sono degli esempi
illuminanti. A Nazareth i musulmani preparano l’albero di Natale per
condividere la festa dei loro fratelli cristiani. Nel 1995 Yasser
Arafat che era un fervente
musulmano praticante, dopo il matrimonio con la cristiana Suha
al Tawil, partecipò alla messa di Natale nella chiesa
della Natività a Betlemme. E quando gli integralisti
islamici lo criticarono, lo stesso mufti (massima
autorità giuridica islamica) dei palestinesi, lo sheikh
Al Alami, disse che i musulmani possono partecipare alla messa di Natale.
E non a caso è
Fera Jabareen, l’imam della
moschea di Colle Val d’Elsa, un palestinese con cittadinanza israeliana, un musulmano
praticante con un radicato rispetto per la fede altrui, a sottoscrivere
l’iniziativa della festa del Natale condivisa da cristiani e musulmani: « Gesù
e Maria fanno parte della nostra religione e della
nostra devozione. Il Natale deve diventare un momento di incontro,
di riflessione e anche di integrazione». Aggiunge una puntualizzazione:
«Ritengo doveroso che i musulmani partecipino con i loro fratelli cristiani
alla gioia del Natale come festa tradizionale, ovvero che registra un evento,
non come festa religiosa poiché nel Corano si specifica che le feste religiose
sono due, l’Id al Fitr che
segna la fine del Ramadan e l’Id al
Adha dopo il pellegrinaggio alla Mecca».
Un altro imam illuminato italiano, Yahya Pallavicini, si spinge oltre ammettendo che «esiste un
limite culturale che impedisce di considerare il Natale come una festa anche
musulmana», ma che questo limite potrebbe essere superato proprio dalle
comunità islamiche d’Europa.
Un
tentativo fatto dal premio Nobel per la letteratura, l’egiziano Nagib Mahfuz, nell’incantevole
racconto breve Il Paradiso dei bambini
scritto nel 1969
(tradotto in italiano nel volume L’Altro
Mediterraneo, Antologia di scrittori arabi del Novecento a cura di
Valentina Colombo, Mondatori). Una bambina musulmana confessa ai genitori la
sua passione per la compagna di classe Nadia, una cristiana, lamentando
il fatto che vengono separate nell’ora di religione. Ingenuamente
chiede: «Se mi faccio cristiana sto sempre con lei?».
Il padre risponde: «Ogni religione è buona. I musulmani adorano Dio, i
cristiani pure». E lei: «Perché
lei lo adora in una stanza e io in un’altra?». Il padre taglia corto: «Chi lo adora in un modo, chi lo adora in un altro». Ma alla
fine, dopo un serrato e logorante interrogatorio su Dio, Gesù, la vita e la
morte, la bambina musulmana conclude irremovibile:
«Voglio stare sempre con Nadia!». E chiarisce: «Anche nell’ora di religione!».
E’ in
definitiva il trionfo dell’umanità sul dogmatismo, dell’illuminismo sul
fanatismo. Ed è questo lo spirito che dovrebbe
ispirare la percezione del Natale come festa condivisa da cristiani e
musulmani. Nel rispetto di una tradizione millenaria che salvaguarda
un’identità cristiana autoctona e recependo
un’interpretazione riformista dell’islam all’insegna della cultura della vita e
della pacifica convivenza.