IL MUSEO
ARCHEOLOGICO DELL’ANTICA CALATIA
Elviro Di Meo
Il Casino Ducale Carafa è stato scelto
come sede del Museo Archeologico dell’Antica Calatia.
Si tratta di un edificio rettangolare a corte interna, con una
superficie coperta di circa duemilasettecento metri quadrati e mille di spazi
aperti, articolato su tre piani con annessa cappella.
“Sorgeva fuori dell’abitato antico di Maddaloni
ed era il casino di caccia dei Duchi Carafa del ramo
della Stadera che tennero Maddaloni
dal XV secolo prima come contea e, solo in seguito, come ducato. Della storia
dell’edificio sappiamo che nel 1671 fu restaurato da Marzio III, figlio di
Diomede V e Antonia Caracciolo;
a quell’epoca è da attribuire la costruzione della
cappella di Santa Maria del Carmine poi della pietà”.
Lo stabile sorge lungo l’antica Appia
nel tratto che collegava la città di Calatia con Caudium prima della Statio ad Novas. Nel giardino del palazzo
nel 1931 furono trovate delle tombe a cassa databili al III secolo a.C., da collegare ad un
sepolcreto lungo l’Appia.
Nel museo confluiscono i materiali archeologici provenienti
dall’area urbana di Calatia, dal suo territorio e
dalle necropoli. L’antica Calatia sorgeva lungo l’Appia, nel tratto attualmente
compreso tra San Nicola la Strada e Maddaloni, a sei
miglia da Capua, come indica un codice rinvenuto nella chiesetta di San Giacomo
delle Gallazze, che riscontra la distanza indicata
nella Tabula Peutingeriana.
Allo stato attuale della ricerca, le più antiche testimonianze
archeologiche precedono cronologicamente di gran lunga
le fasi urbane conosciute.
“Le prime, risalenti all’orientalizzante
Antico, ci vengono dalle necropoli, disposte a semicerchio lungo i margini
della città. La cultura materiale, testimoniata da ricchi e numerosi corredi
finora recuperati, ha stringenti paralleli con quella di Capua, a partire dalla
fase II C (fine VIII secolo a.C.) e mostra già dalle epoche più antiche uno
stretto legame col centro maggiore che caratterizzerà poi tutta la storia della
città”.
Particolarmente ricchi qualitativamente i corredi tombali con
materiali di importazione corinzia per la fase più
antica, e ceramica attica per l’età classica. Le
necropoli, di cui sono state scavate più di mille tombe, attestano una
frequentazione del sito fino al IV secolo d.C. Solo
agli inizi invece è lo studio dell’area urbana, di cui è possibile ricostruire
il tracciato delle mura.
“Di queste è visibile un tratto in opus incertum, attribuibile al restauro del 174 a.C. Fin dalle
origini la città sembrava svilupparsi lungo il tracciato che poi sarà, con il
III secolo a.C., dell’Appia; come a Capua, nell’attraversare l’abitato, la strada
abbandona il suo orientamento generale e devia a formare il decumano principale
della città”.
Calatia era altresì il centro urbano più
importante della parte orientale dell’ager campanus e
risulta risparmiata, e quindi conosciuta, dalla maglia
centuriale del 131 a.C. La frequentazione del
territorio è attestata da numerosi ritrovamenti, da ricondursi allo
sfruttamento agricolo dell’area (ville, cisterne, impianti produttivi etc.).
Anche l’area di Maddaloni così come l’intera Campania
non furono indenni nell’età modera da veri e propri
saccheggi da parte di amanti dell’antiquariato.
“È celebre il caso del Marchese di Salamanca, ricchissimo uomo
d’affari spagnolo, padrone di una fortuna colossale, considerato
nell’Ottocento, il miglior cliente dei mercanti italiani e degli scavatori
clandestini. Il Marchese, durante una visita a Calvi
Risorta, aveva
acquistato in blocco più di un migliaio di statuine e teste votive in
terracotta, rinvenute all’interno della stipe votiva
di un antico santuario, e le aveva trasportate nella sua Villa di Vista Alegre presso Madrid e nel suo palazzo di Recoletos, trasformato in un vero e proprio museo d’arte.
Alcuni anni più tardi, a causa di gravi difficoltà economiche, era stato
costretto a disfarsi delle sue collezioni; una parte
dei suoi quadri era stata venduta nel 1867 a Parigi mentre la collezione antica
era stata acquistata nel 1874 dal Museo Archeologico di Madrid per la somma di
250.000 pesetas”.
Nel territorio di Capua, invece, resta celebre la figura di
Simmaco Doria, piccolo proprietario terriero capuano che era solito percorrere
in lungo e in largo i suoi campi, dopo l’aratura, alla ricerca di tombe
antiche. Doria iniziò la sua attività di “scavatore
amatoriale” intorno al 1850 e la proseguì per circa trent’anni.
La maggior parte degli oggetti rinvenuti a Capua da Simmaco Doria
furono acquistati da Alessandro Castellani, un
gioielliere di origine romana (figlio del celebre gioielliere Fortunato
Castellani) che nel 1860 si era stabilito a Parigi, dove, oltre ad occuparsi
del commercio di gioielli, aveva intrapreso l’attività di commerciante di
oggetti antichi.