LA TRADIZIONE: L’ingresso
in chiesa
RAFFAELE MEZZA
Teano
Quando ancora vigeva l’usanza,
anche i vescovi di Teano e Calvi facevano il primo ingresso in diocesi
cavalcando una mula.
Il riferimento era nell’entrata, umile e
trionfale insieme, di Gesù in Gerusalemme, come
tuttora ci ricorda la liturgia della Domenica delle
Palme.
Poi il mutare dei tempi ha cancellato anche
questa tradizione, ma non dovunque.
In Campania, per esempio, essa sopravvive nella
diocesi di Sant’Agata dei Goti (unificata vent’anni fa con quelle di Cerreto Sannito
e Telese).
L’attuale vescovo, infatti, monsignor Michele De
Rosa, vi prese possesso il 1° agosto 1998 in sella a
un cavallo e poiché - secondo la tradizione locale - l’animale doveva essere
bianco, il comitato dei festeggiamenti incontrò non poche difficoltà prima di
reperirne uno in un allevamento di Durazzano.
Ma ieri sera, a Teano, se
per il nuovo vescovo monsignor Arturo Aiello era disponibile soltanto il
classico «cavallo di San Francesco» (il presule incedeva a piedi, tra due ali
di folla festante), un’altra tradizione non meno antica lo attendeva: la
consegna, da parte del Nunzio apostolico, del «baculus»
o bastone pastorale, simbolo dell’autorità vescovile e del governo spirituale.
Sulla sua origine gli esperti non sono concordi;
forse risale alle investiture che si eseguivano presso la corte imperiale
bizantina.
È certo, invece, che la prima menzione del
pastorale vescovile si ebbe nel sesto secolo, in Spagna, presso i Visigoti.
Quanto alla forma, il pastorale ne ha cambiate
molte, fino alle più preziose, fatte di oro e
d’argento con gemme incastonate.
Qualche curiosità: il vescovo non usa mai il
pastorale nel Venerdì Santo e nella commemorazione dei defunti e può reggerlo
solo nella sua diocesi (oppure altrove, previa autorizzazione del vescovo
locale).
A Roma, infine, i cardinali non hanno mai usato
il pastorale. Anzi neppure i Papi, che quando devono aprire o chiudere la Porta
Santa in occasione del giubileo, si servono di una speciale verga chiamata «fèrula».