PUBBLICATO IL LIBRO SULLA FORNACE DI PETRULO

 

CALVI RISORTA

 

(Vito Taffuri)

 

Con sincera soddi­sfazione riportiamo la pubbli­cazione di un piccolo, ma interessante libro dei ragazzi della classe II C della Scuola Media "Cales", su quello che può essere considerato l'em­blema della storia operaia a Calvi Risorta: la fabbrica di laterizi di Giuseppe Moccia a Petrulo.

 

L'esile libretto pubblicato a cura della professoressa Carmela Izzo, rappresenta il feli­ce esito di un interessante laboratorio di storia.

 

Un capitolo di storia, purtrop­po dimenticata, che sotto forma di inchiesta viene ripre­so e riportato (finalmente) alla luce, grazie anche alle testimo­nianze di Luigi Elia, Izzo Guerino, Antonio Santillo, Ciro Marrandino, Alfredo Meraviglioso e Stanislao Bovenzi.

 

l giovani autori, si sono serviti dei racconti dei nonni e delle persone anziane che hanno lavorato nella fabbrica, per farci scoprire alcuni episodi inediti della vita operaia di allora.

 

L'opificio, diretto da Giusep­pe Moccia (lo stesso che portò la Casertana in serie B) dava lavoro a trecento perso­ne (alcune anche donne) addette alla fabbricazione e alla cottura dei mattoni, ma anche alla pulizia dei reparti e al trasporto della merce.

 

L'argilla si scavava dalla montagna con pale e picconi per poi essere trasportata con dei carrelli, simili a quelli delle miniere, e portati in sala macchine dove gli operai pro­cedevano alla fabbricazione dei mattoni che venivano cotti in forni grandi come una stan­za, alla temperatura di 800°C.

 

Per asciugare i mattoni poi c'era un macchinario lungo 100 metri.

 

Nella fabbrica comunque - spiegano i ricercatori - gli operai molte volte erano obbligati a lavorare anche di notte senza alcun preavviso. Poi venivano controllati con­tinuamente dal caposquadra, oppure da qualche operaio che veniva pagato in più per riportare al padrone ciò che succedeva.

 

A volte poi andava via la cor­rente e gli operai erano costretti a fermarsi e ad aspet­tare anche per ore che ritor­nasse. E questa attesa comportava una diminuzione del salario.

 

Un sabato santo, addirittura, fu intimato a 36 di loro di lavorare nel giorno di Pasqua. Di comune accordo decisero di non presentarsi al lavoro e per questo due giorni dopo furono licenziati. Solo dopo aver pregato e sup­plicato il capo, furono riassun­ti.

 

Interessanti anche le testimo­nianze di Guerino Izzo, (addetto all'estrazione dell'ar­gilla dalla montagna), Anto­nio Santillo e Alfredo Meraviglioso (fochisti), Stanislao Bovenzi (addetto all’essicca­zione), Ciro Marrandino (addetto al trasporto dei mat­toni).

 

Quest'ultimo, nel 1975, è stato licenziato perché furono introdotte le macchine.

 

I nuovi macchinari, infatti, fecero diminuire il numero degli operai fino al giorno in cui l'estrazione dell'argilla provocò il cedimento del ter­reno e costrinse la stessa fab­brica di laterizi a chiudere bottega.