da: Casertanews - Lunedì 5
Giugno 2006
Pit Antica Capua: intervista a Valeria Sampaolo
Progetto diverso, ma
metodo pressoché uguale negli obiettivi ad altri interventi inseriti nel Por
Campania. Le
priorità sono le stesse: tutela dell’esistente, valorizzazione dei beni
monumentali, con una maggiore fruizione degli stessi,
coesistenza equilibrata tra antico e moderno, dove l’uno non invade l’altro, in
maniera da non creare cesure o tagli irreversibili. Punto su
cui conviene Valeria Sampaolo, responsabile
dell’Ufficio Archeologico di Santa Maria Capua Vetere; che peraltro – ma
sarà oggetto di un prossimo articolo, si è soffermata su come riuscire a
conciliare le presenze archeologiche con le funzioni, le esigenze, e
l’organizzazione spaziale della città contemporanea.
Dottoressa, Caserta
ha avviato nell’ambito del Programma Por i Pit o
meglio, l’acronimo esatto da usare è Pi (programma integrato), in quanto non hanno una valenza territoriale, e che sono: Pi
Città di Caserta e Pi Grande Reggia, limitati solo a Caserta. Altro Programma è il Pit
Antica Capua che, invece, interessa più comuni, con
lo stesso metodo operativo. Può indicare le caratteristiche principali del
progetto? “Si. Il Pit riguarda la direttrice dell’Appia Antica; abbraccia i comuni di Santa Maria Capua Vetere
- comune capofila del Programna -, Curti, San Prisco, Capua, e
Teano; ed è legato, soprattutto, alle presenze archeologiche.
L’obiettivo è incentrato sulla valorizzazione ed il restauro attraverso
interventi mirati all’Anfiteatro Campano e alla
riqualificazione dell’area circostante. In questo, la Soprintendenza
archeologica di Napoli e Caserta, riallacciandoci,
infatti, al concetto di complessità, che è insita in
questi programmi, ha un ruolo determinante. Inizialmente tra i soggetti
beneficiari rientrava anche il Comune di Cales, la
moderna città di Calvi Risorta; i cui progetti,
tuttavia, non sono stati finanziati per problemi di fondi”.
Perché si parla di programmi integrati? “Sono programmi che comportano azioni di ampio respiro, su temi di carattere culturale molto
vasto. Accanto al recupero e alla sistemazione del tratto della via Appia, in prossimità di Curti, in corrispondenza della ‘Conocchia’,
è allo studio la realizzazione, da parte del comune di Santa Maria, nell’area alle spalle dell’Anfiteatro, di un parco
denominato ‘Città della Storia’; un’iniziativa che
recupera i segni e le tracce del passato, al fine di una maggiore conoscenza”.
Visto che siamo in tema, quali sono
stati gli interventi curati dalla Sovrintendenza Archeologica per la città di
Santa Maria? “In tutto tre, quelli
finanziati, e rivolti essenzialmente all’Anfiteatro. Innanzitutto alla
riqualificazione della piazza, dove sono stati effettuati
saggi propedeutici alla sistemazione di questo spazio. Vicino al sito
archeologico sono stati ritrovati i resti del precedente Anfiteatro: un esempio
dell’età repubblicana che fu dai romani demolito per
la costruzione di quello di età imperiale. E si è
visto che in, realtà, questo slargo, questa spianata, è sempre stata utilizzata
come piazza. Non esistono resti o testimonianze di altre
costruzioni di età romana”.
Come, invece, si era portati a pensare. “Esattamente. Non lo sapevamo perché
non erano mai stati eseguiti scavi sistematici. Si restava nel campo delle
ipotesi. La più accreditata lasciava intendere che ci fosse una situazione del
tipo come è presente a Roma; dove intorno al Colosseo c’è un infinità di strutture. Ma
lo scavo ci ha fornito l’esatta realtà dei luoghi”.
Penso che siano emersi ritrovamenti di
stratificazioni magari più recenti di età
Rinascimentale o, forse è il caso di dire, di età Barocca, considerato che la
vera città in tutto il medioevo ed oltre, è stata Capua.
“E’ vero. Sono emerse tracce di un riuso, di una
rioccupazione delle aree quando la città di Santa Maria
Capua Vetere ha ripreso a
vivere; quando ricominciano le attività del centro urbano, abbandonato perché
esposto ad attacchi prima dei barbari e poi di altre milizie. La rinascita vera e proprio avviene alla fine diciassettesimo
secolo, anche dal punto di vista produttivo. Abbiamo trovato, infatti, i segni
di una fornace per la produzione di coppi e di laterizi pesanti”.
Quale sarà la soluzione definitiva per
la spianata che precede l’Anfiteatro? Di certo non può restare nelle condizioni
in cui si trova, anche perché crea un elemento di disturbo con il complesso
monumentale ed il resto della città. “Il secondo intervento riguarda un concorso, in fase di espletamento, di progettazione per la sistemazione della
piazza, alla luce dei risultati degli scavi. Come Soprintendenza dovevamo fornire ai progettisti una serie di indicazioni
necessarie per la sistemazione di questo enorme spazio; che, come lei osserva,
va riqualificato”.
E' un concorso internazionale quello
che è stato bandito? “No.
E’ nazionale, in base all’entità del finanziamento avuto. E’ un concorso che
richiede un progetto preliminare. Al momento si stanno analizzando gli
elaborati ed entro l’anno saranno appaltati i lavori. Si rischia, altrimenti,
la perdita dei finanziamenti perché ci sono i termini di scadenza
che prevedono non solo il collaudo, ma anche la rendicontazione
di tutti gli interventi entro la metà del 2008”.
Quale caratteristica avrà la piazza? “Nel bando di concorso ne abbiamo chiesto la sistemazione in modo tale che non ci
sia più uno spazio abbandonato, ma che divenga uno spazio fruibile, al fine di
ricucire quello che è l’Anfiteatro: il monumento che sta in fondo a questo
slargo, che viene percepito come qualcosa di estraneo, una pura appendice della
città. L’intento è creare un legame diretto affinché sia i cittadini che i
turisti si avvicinino volentieri all’area
archeologica. In più è stata richiesta una modifica dell’attuale ingresso
all’Anfiteatro. Anche in questo caso si cerca di
ottenere una maggiore e più utile funzionalità del manufatto, sulla scorta dei
risultati degli scavi. Avendo portato a vista i resti dell’antico Anfiteatro,
sarebbe interessante collegare quelle parti che vennero
alla luce duranti i lavori di scavi eseguiti negli anni Cinquanta e che sono
visibili alla destra dell’attuale ingresso. Scendendo, infatti, si notano gli
elementi della struttura preesistente che vanno saldati con quanto trovato per
dare una soluzione di continuità. La piazza svolgerà una funzione importante.
Sarà sistemata con aiuole, aree di sosta ed altro, ma non solo. Nel bando di
concorso, uno dei requisiti richiesti, era quello di fornire un’idea valida per
schermare le due quinte di fabbricati che sono ai lati
della piazza; e che rappresentano un misto di edilizia rurale e moderna del
tutto dequalificato. Infine, l’ultimo intervento è il restauro dell’Anfiteatro;
dell’edificio in sé, anche se di una piccola parte, perché il finanziamento è
limitato. Stiamo procedendo, in particolare, con il restauro delle strutture e
dei piani di calpestio”.
Cosa è di competenza della Soprintendenza per gli altri comuni?
“Per quanto concerne Capua è l’ente comunale ad
intervenire su alcune strutture conventuali e religiose, mentre la Provincia si
occuperà del Museo Campano. La Soprintendenza, come le ho anticipato,
è intervenuta sulla ‘Conocchia’, che è un monumento
funerario. L’intervento è stato limitato per l’esiguità del budget. Altro
intervento ha riguardato le ‘Carceri Vecchie’: un
edificio monumentale che ricade nell’area di San Prisco e che è costituto da un
nucleo antico a cui è stata addossata una chiesa del milleottocento. Si tratta
di un mausoleo del primo secolo d.C.: un monumento
funerario, tra i meglio conservati, del tipo ad una camera, impostato all’esterno
a pianta a croce e all’interno a pianta circolare”.
Che intervento è stato effettuato? “Abbiamo, sostanzialmente, cercato di risolvere il problema delle
erbe incolte ed infestanti. Non avendo la possibilità di mantenere il prato che
è intorno, perché venie subito sommerso da rovi e spine - il che favorisce la
brutta abitudine di considerare quel luogo come una sorta di discarica a cielo
aperto – si è tentato di arginare il fenomeno ripulendo l’area archeologica”.
Perché “Carceri vecchie”? “Questa è la dominazione tradizionale. Il mausoleo, tra l’altro,
è molto bello perché conserva all’interno resti di
pitture del terzo stile, cioè del primo secolo d.C..
La chiesa è addossata a quello che era l’ingresso, così come pensato. L’ideale
sarebbe ripristinarlo, spostando l’altare. Ma questo,
al momento, non è previsto”.
Potrebbe essere inserito in un prossimo
Pit? “Sì, ma sarebbe opportuno e prioritario un accordo con la
parrocchia e con la Curia che è detentrice di quella chiesa”.
Rimane Teano. Che
cosa è stato fatto o che si pensa di fare? “Un intervento supplementare per il completamento dei
lavori del Teatro. Un Teatro, che pur avendo avuto varie fasi costruttive, la
più impressionante per monumentalità ed imponenza è
del secondo secolo d.C., di
età Severiana. Si tratta di completare quanto già avviato. Con i fondi del
lotto, infatti, si è ultimato lo scavo della cavea ed è stata recuperata tutta
la decorazione architettonica. Ora è in corso un grosso progetto di studio con
l’istituto archeologico germanico per la ricostruzione grafica e visiva di come
doveva essere la scena di questo Teatro che aveva, peraltro, una struttura
colossale; con un ordine di colonne di notevoli dimensioni. Con questo
finanziamento del Pit dovrebbero cominciare le opere di anastilosi; cioè rimettere
insieme le parti dei ritrovamenti”.
Per Calvi, invece, sono mancati i finanziamenti. “Si. Non è stato possibile effettuare gli interventi previsti. Adesso è una questione
puramente amministrativa e di gestione del Pit. Se con le somme reinvenienti da
ribassi di cassa o da premialità o perché, magari,
qualche altro intervento non è stato portato a compimento, allora si deciderà
quali lavori portare avanti. Progetti che potrebbero essere finanziati in una
fase successiva, che non rientra, però, in questo Pit
che si conclude nel 2008”.