Uccise Sandra:
muratore condannato a 28 anni
BIAGIO SALVATI
Santa Maria Capua Vetere.
I giudici della IV sezione penale della Corte di Assise di Appello di
Napoli (presidente Pietro Lignola, giudice a latere Elena Giordano) hanno condannato a 28 anni di
reclusione Alessandro Ventriglia, un muratore di
Macerata Campania imputato dell’omicidio - commesso sedici anni fa - di una
ragazza di San Prisco, Sandra Ruggiero e del tentato omicidio di sua cugina
Nella Peccerillo.
Il 30 ottobre 2003 Ventriglia era stato condannato in primo grado (III Corte di Assise, presidente Maria Rosaria Cosentino,
a latere Antonio Corbo) a
24 anni di reclusione, pena aumentata ieri dai giudici d’appello.
La Corte ha accolto
in pieno le tesi della parte civile e del Pg, Luciano
D’Angelo, che aveva chiesto per l’imputato la stessa pena comminata dai
giudici: 22 anni per l’omicidio e 6 anni per la continuazione in relazione al tentato omicidio.
Le due giovani
vittime, sequestrate al termine di un concerto della cantante Teresa De Sio, che si era esibita a Curti,
furono ingannate dal muratore che si spacciò per un agente di polizia della
sezione narcotici della questura di Caserta.
Il delitto fu
commesso nella notte tra il 18 e il 19 settembre 1989 nella
campagne di CALVI RISORTA.
Ventriglia, fu indagato sin dai primi
giorni successivi all’omicidio-tentato omicidio ma la cugina della vittima,
appena sedicenne, non riconobbe l’assassino.
Dopo
l’archiviazione del caso, nel 1990, l’inchiesta fu riaperta dal pm Carlo Fucci nel 1998, in
seguito a una diversa ricostruzione del caso fatta dal
«Mattino».
Ventriglia fu arrestato nel 2000 e
rinviato a giudizio nel 2001.
A conclusione del
dibattimento di primo grado, durato un anno e mezzo, il pm
Carlo Fucci aveva chiesto 30 anni di reclusione.
A difendere
l’imputato c’era l’avvocato Vittorio Giaquinto mentre
rappresentavano le parti civili i penalisti Angelo Raucci,
Giuseppe Stellato e Umberto Pappadia del foro di
Santa Maria Capua Vetere.
In primo grado, il
processo era stato caratterizzato anche dal ricorso alla cosiddetta «legge Cirami» avanzata senza successo dall’imputato.
Una delle prime richieste avanzate a poche ore dall'approvazione
della legge.